Il sontuoso edificio venne costruito nel 1921 come sede della redazione della rivista culturale “Viaţa Românească”. Lo scrittore Garabet Ibrăileanu fu il caporedattore dall’istituzione della rivista (1906) fino al trasferimento della sede a Bucarest (1930). Il gruppo di scrittori della rivista annovera molte personalità della cultura, come Mihail Sadoveanu, George Topârceanu, Calistrat Hogaş o Ionel Teodoreanu.

Lo stile architettonico è neo-rumeno, si notano, al primo piano le finestre ad arco, il piano più alto e il tetto che va ben oltre il cornicione. Nel cortile si può vedere un ingresso dal cortile al seminterrato e quattro finestre al livello del marciapiede.

Se l’inizio fu benefico per la società, le cose cambiarono completamente intorno alla Seconda Guerra Mondiale quando nell’edificio fu trasferita la Questura, un organo di polizia, superiore ad un commissariato, che funzionava solo in grandi città. A giugno 1941, una settimana dopo l’ingresso della Romania in guerra contro l’Unione Sovietica, un evento tragico ebbe luogo qui. Il 29 giugno, l’ultima domenica di quel mese, una serie di avvenimenti causò orrore nella città. Le autorità militari agirono violentemente contro popolazione di origine ebraica. Migliaia di persone, per lo più uomini, furono arrestate, torturati nelle cantine, e, successivamente giustiziate nel cortile della Questura. Il pretesto di tale azione fu quello di eliminare gli ebrei, sospettati di essere agenti sovietici. I sopravvissuti furono costretti a pulire il sangue nel cortile della Questura. Oltre ai sei cittadini di Iaşi che ricevettero il titolo di “Diritti tra i Popoli”, decine di altri residenti fecero opposizione alle azioni violenti contro gli ebrei e aiutarono, ognuno a modo suo, alcuni furono picchiati o addirittura uccisi, come il prete Grigore Răzmeriţă del Monastero di San Elia (demolita nel 1953), dall’altra parte della strada.

L’obiettivo non può essere visitato.


Il Pogrom a Iasi

Negli anni Trenta la popolazione di origine ebraica a Iaşi era altrettanto numerosa quanto quella rumena, e il funzionamento della città dipendeva dalla coesistenza dei due gruppi etnici. A partire dal 1938, raggiungendo, poi, l’apice con la dittatura militare del maresciallo Ion Antonescu, i governi romeni filonazisti iniziarono ad applicare le leggi antisemite per risolvere il problema “ebreo”. Furono vietati i matrimoni con i romeni, gli ebrei furono allontanati dagli uffici statali, espropriati e privati dei loro diritti. Con l’ingresso della Romania in guerra, alleata con la Germania nazista, nel mese di giugno 1941 venne lanciato l’attacco contro l’Unione Sovietica. L’ occupazione dei territori romeni da parte dell’URSS nel 1939 fu attribuita agli “giudei-bolscevichi”, aumentando, con ciò, l’antisemitismo locale. La deportazione degli ebrei era auspicabile e gli ordini di farlo condusse ad abusi. Tra il 28 e il 30 giugno gli ebrei furono accusati di nascondere armi e di sparare contro l’esercito, o di essere spie sovietiche. I soldati perquisirono le loro case, picchiando, sparando o derubando la popolazione. Migliaia di ebrei furono portati nel cortile della Questura e fucilati. I sopravvissuti vennero portati alla stazione e stipati in vagoni per il bestiame, le cui finestre e porte furono erano bloccate. Il caldo, l’affollamento e la mancanza di acqua e aria causarono una terribile morte a migliaia di persone nei due “treni della morte”. Le indagini rivelarono che oltre 13.000 persone furono uccise in quei tragici giorni.

Traduttrice – Mihaela CUCU

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