Considero ingiustificato il parere secondo cui il progetto di urbanizzazione debba essere molto “elastico”, perché di solito questo atteggiamento porta all’anarchia urbanistica e alla perdita della visione d’insieme.

 Non c’è dubbio che in queste circostanze, sia necessario mantenere una severa disciplina urbanistica senza di cui qualsiasi sforzo può essere annullato con la massima facilità “. Boris Grunberg, “Urbanizzazione della città di Iaşi”, Architettura di R.R.R. 4 (1959).

Tra il 1975 e il 1985, durante il mandato del sindaco Ioan Manciuc, si svolse a Iaşi la seconda grande campagna di irreparabile urbanizzazione. Le demolizioni sul corso Ştefan cel Mare furono intensive e, al fine, di trasformare l’ex storica “Strada Grande” in un ampio e maestoso viale rettilineo, uniforme, progettato per unire visivamente la Piazza del Palazzo e la Piazza dell’Unità.

Nel dicembre 1981 iniziarono gli scavi per la realizzazione delle fondamenta dei palazzi di appartamenti per la classe operaia che dovevano celare i maestosi edifici della Cattedrale Metropolitana e del Palazzo Mihail Sturdza (ora il seminario di teologia). Grazie agli sforzi compiuti dalla resistenza contro l’urbanizzazione dell’epoca comunista, l’archeologo Nicolae Puşcaşu riuscì proteggere dagli escavatori un ingresso nelle ex cantine della città vecchia. Gli scavi archeologici nel 1982 rivelarono tracce di cantine in pietra sviluppate su 2-3 livelli, divise in cinque percorsi paralleli a volta, attraversate da un sistema di alimentazione con acqua che arrivava da Copou ed eseguito con tubi in ceramica risalenti al XVIII secolo. Nello stesso sito furono trovati resti di case di legno del XVI secolo, di edifici ecclesiastici in pietra, di frammenti di ceramica del XIV secolo e di un forno per la fusione dei metalli per la creazione di gioielli del XIII secolo, insieme alle monete del regno di Pietro Muşat (1375-1391) e Alexandru cel Bun (1400-1432).

Le scoperte archeologiche attestano gli edifici ecclesiastici come i più antichi edifici medievali gotici con influenze bizantine fino ad allora conosciute in Moldova. L’importanza di queste vestigia fece nascere un unico progetto in cui il fronte stradale degli alloggi collettivi andò in secondo piano per lasciare spazio alle vestigia.

Anche se gran parte delle rovine scoperte nel 1982 furono ricoperte col cemento, lo spazio sotterraneo si volle allestire come museo secondo i progetti dell’architetto Cristian Constantinescu. Il lucernaio a forma di cubo per la grande sala ovale sotterranea non fu mai completato rimanendo solo la struttura metallica che oggi domina la piazza. È ormai diventato un punto di riferimento – “Al Cubo”, contrariando la maggior parte dei visitatori, ma anche alcuni abitanti. Il fronte dell’edificio andò in secondo piano consentendo la creazione di una galleria commerciale atipica per l’ideologia comunista. Sviluppata su tre livelli collegati mediante una spirale con il tetto a volta realizzata in vetro e tre accessi, la galleria “Stefan cel Mare” non riuscì nell’intento di diventare un’importante asse commerciale a causa della caduta del regime comunista nel 1989 e della soppressione delle cooperative artigiane che vi funzionavano. Per molti anni, la galleria ospitò solo alcuni negozi, e, negli anni ’90, il resto degli spazi diventò sinistro ed insicuro, soprattutto durante la notte. A poco a poco, dopo il 2000, venne aperta una rockoteca (discoteca rock), poi un bar, e, successivamente, in pochi anni divenne uno spazio attrattivo per i giovani e per gli artisti. Durante il giorno le gallerie rimasero sempre vuote, un importante cambiamento fu il trasferimento della biblioteca comunale Gheorghe Asachi al primo piano. Tuttavia, alla sera, le gallerie diventano l’area più dinamica della città con bar e club alla moda, originariamente nati come locali di nicchia in spazi nascosti.

Traduttrice – Mihaela CUCU

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